“Programmati” per diventare grassi? Ecco i fattori ambientali e prenatali che condizionano lo sviluppo dei tessuti adiposi
Si parla tanto di obesità, ma poco dell’organo che lo definisce: il tessuto adiposo. In un articolo pubblicato il 23 marzo 2021 su “International Journal of Obesity”, Amanda Rodgers e Amanda N. Sferruzzi-Perri accendono i riflettori sullo sviluppo e la biologia di questo tessuto, fondamentale per comprendere l’origine – e la predisposizione individuale – verso questo tipo di malattia.
In primis, il tessuto adiposo si sviluppa in modo assai diverso per uomini e donne, molto più rispetto ad altre specie di mammiferi: questo significa che anche i rischi associati all’obesità non sono gli stessi per entrambi i sessi. Secondo lo studio, l’obesità nei maschi è associata a un maggior rischio di ipertensione, insulino-resistenza, diabete, incremento dei grassi nel sangue e malattie cardiovascolari, dovuta al fatto che i grassi acidi siano maggiormente predisposti a viaggiare nel corpo e accumularsi negli organi. La causa di questo dimorfismo (diversità) sessuale è dovuta agli estrogeni: la prova è che le donne dopo la menopausa tendono ad ingrassare in modo più simile agli uomini, dunque ad accumulare grassi attorno alla pancia piuttosto che nei fianchi e nelle cosce.
L’articolo sottolinea anche l’importanza dei fattori ambientali, che studi recenti attribuiscono alla fase prenatale e alle prime fasi di sviluppo dopo la nascita del bambino. Questi momenti sarebbero cruciali per definire la struttura e funzione del tessuto adiposo, con implicazioni per lo sviluppo dell’obesità.
Malnutrizione materna, ipossia (scarsità di ossigeno), esposizione ad ormoni in eccesso durante la gestazione prima e durante l’allattamento poi potrebbero causare una maggiore predisposizione all’obesità. Secondo l’articolo, però, andrebbe chiarita ulteriormente la funzione della placenta, “interfaccia funzionale tra madre e feto e il principale determinante dell’apporto materno di nutrienti, ossigeno e ormoni al feto durante la gestazione”, nella programmazione di alterazioni della biologia adiposa e dunque nello sviluppo di obesità.
L’evoluzione della ricerca potrà in futuro comprendere al meglio il funzionamento di questi meccanismi, per aiutare le madri a “creare un ambiente ottimale in utero per prevenire e alleviare la trasmissione della malattia”. Alcuni studi sull’integrazione alimentare materna durante la gestazione tenderebbero a dimostrare come sia possibile “deprogrammare” alcuni fenotipi obesi, bloccando così la trasmissione transgenerazionale di fattori che predispongono all’obesità.