Consumare il pesce in modo sicuro: come valutare la freschezza #venerdìpesce

La freschezza

“Quel pesce è fresco?” è la domanda, che generalmente ci poniamo in pescheria. Rispondere a questo interrogativo è evidentemente di fondamentale importanza per concludere il nostro acquisto, ma è anche vero che non sempre è facile capire come stanno realmente le cose e per questo motivo, molto spesso, ci si affida ai consigli e soprattutto all’onestà di chi vende.

Quello di riconoscere la freschezza è un aspetto che differenzia l’alimento ittico dagli altri cibi, che tutto sommato hanno per così dire “un po’ meno problemi”.

E’ interessante rilevare che proprio quelle che sono le caratteristiche positive dal punto vista nutrizionale e dietetico, sono quelle che influenzano poi negativamente la conservabilità del prodotto ittico. Ad esempio sappiamo che le carni dei pesci si caratterizzano positivamente per un elevato contenuto di aminoacidi liberi, per la presenza di lipidi insaturi, per lo scarso contenuto di glicogeno, per l’elevata quantità di acqua e per la composizione del tessuto muscolare povera di tessuto connettivo. Se da un lato questa composizione rende questi prodotti nutrienti, dieteticamente corretti e facilmente digeribili, costituisce il principale fattore che influenza la vita commerciale, rendendoli particolarmente deperibili ed oggetto di fenomeni degradativi ed alterativi, molto spesso rapidi ed imponenti.

La definizione e la “misurazione” della freschezza nei pesci, è influenzata da molteplici fattori (sia intrinseci che ambientali), e ha sempre posto notevoli problemi agli operatori del settore ed ai consumatori, risultando peraltro, come detto, indispensabile ed imprescindibile per quanto attiene agli aspetti più propriamente sanitari, ma anche per quelli commerciali.

Purtroppo, anche da un punto di vista legale, non si può dire che la normativa europea, in questo ambito, sia di molto aiuto, infatti definisce prodotti della pesca freschi come “i prodotti della pesca non trasformati, interi o preparati, compresi i prodotti imballati sotto vuoto o in atmosfera modificata che, ai fini della conservazione, non hanno subito alcun trattamento diverso dalla refrigerazione, inteso a garantirne la conservazione”. In pratica la normativa vigente in materia svincola la definizione di “pesce fresco” dai risultati della valutazione dell’aspetto o della caratteristiche ad esempio delle carni, degli occhi, piuttosto che delle branchie, e tanto più dal numero di giorni di vita commerciale, ma semplicemente specifica che deve essere considerato pesce fresco quello che è stato semplicemente conservato in una cella frigorifera refrigerata.

Innanzitutto occorre precisare che la qualità di un prodotto ittico è definita da due fattori: a) la qualità sanitaria riferita all’assenza o presenza, entro certi limiti di accettabilità, di entità (batteri, virus, sostanze chimiche, parassiti, ecc.) potenzialmente pericolose per il consumatore; b) la qualità commerciale correlata alla qualità intrinseca del prodotto legata alla specie ittica; in altre parole, è evidente che un Branzino selvaggio, ovvero pescato in mare, avrà una qualità commerciale intrinseca nettamente superiore rispetto ad un Ghiozzo. Proprio fra queste due tipologie di qualità si inserisce la cosiddetta “freschezza”. Valutare la freschezza di un prodotto ittico dunque è di fondamentale importanza per tutti gli attori della filiera, ovvero per il pescatore, per il grossista, per il pescivendolo ed ovviamente, e soprattutto, per il consumatore.

La valutazione della freschezza nei pesci

Per poter valutare la freschezza nel modo più pratico possibile dobbiamo considerare alcune caratteristiche organolettiche e per far ciò occorre utilizzare i cosiddetti metodi sensoriali, ovvero dobbiamo far funzionare i nostri sensi ed in particolare, la vista, l’olfatto ed il tatto, al fine di raccogliere alcune informazioni significative ed alcuni “segnali” che il pesce ci manda. Quello che viene osservato, odorato e sentito deve poi essere rapportato ad uno modello di riferimento che solo con la pratica e l’esperienza sarà sempre più chiaro nella nostra mente e nella nostra memoria. Gli elementi o criteri principali che devono essere valutati sono la rigidità cadaverica, l’aspetto generale, la consistenza della carne, l’occhio e le branchie. E’ chiaro che non sempre è possibile fare tutte queste verifiche, infatti non sarà facile, prima di pattuire l’acquisto di una Orata esposta, convincere il nostro pescivendolo a dimostrarci la presenza della rigidità cadaverica o a descriverci l’odore e tanto meno a prelevare un pesce dal banco di vendita per andare a controllare personalmente il colore delle branchie.

In ogni caso è possibile descrivere brevemente quali siano le principali caratteristiche del pesce fresco.

Il rigidità cadaverica

La rigidità cadaverica, detta anche “rigor mortis”, è un fenomeno fisiologico a carico del tessuto muscolare che avviene subito dopo la morte dell’animale caratterizzato da complessi eventi biochimici, e che si traduce in un irrigidimento delle masse muscolari di tutto il corpo del pesce con evoluzione e risoluzione, generalmente dalla testa alla coda, con una durata variabile da un’ora a 120 ore. Il corpo di un pesce in rigidità cadaverica si presenta irrigidito, addirittura arcuato e mostra una certa resistenza se si tenta di piegarlo. La rigidità cadaverica può essere mantenuta, per un certo tempo, dalla perfetta conservazione del prodotto a temperature di 0 °C – + 2 °C e la sua presenza identifica sempre il pesce come “freschissimo”, anche se questo è stato pescato da qualche giorno. Per quanto riguarda la modalità con cui si procede al suo rilevamento si usano due metodiche, il metodo “cutting” ed il metodo a “doppia presa”.

a) Il metodo “cutting” è utilizzato in soggetti e specie con corpo corto, e consiste nel prendere il pesce per la testa con le dita di una mano, lasciandolo poi sospendere nel vuoto. L’osservazione della posizione orizzontale del corpo indica la presenza del rigor mortis, mentre la flessione indica la sua risoluzione.

b) Il metodo delle “doppia presa” è utilizzato in soggetti e specie con corpo allungato e rotondeggiante, consiste nel sospendere il corpo del pesce in due punti equidistanti dall’estremità della testa e della parte codale e nel verificare la posizione orizzontale delle varie parti del corpo o la loro flessione, indici rispettivamente di presenza o di assenza del rigor mortis.

Metodo cutting

Metodo della doppia presa           Rilevamento del rigos mortis
Metodo della doppia presa. Rilevamento del rigos mortis
Metodo della doppia presa           Il rigor mortis permane solo a livello di etremità codale
Metodo della doppia presa. Il rigor mortis permane solo a livello di etremità codale

E’ evidente che chi acquista un pesce in rigor mortis, acquista un prodotto che ha un valore commerciale più elevato, perché possiede una caratteristica di eccellenza in più, ma questo è solo un aspetto, per così dire, edonistico. Appare opportuno precisare che il rigor mortis è di difficile rilevamento nelle Anguille o nei Gronghi, nei pesci piatti (Sogliole, Rombi ecc.) nei quali insorge generalmente in maniera distinta coinvolgendo tre zone del corpo in tempi diversi, avendo inizio dalla testa e terminando nella parte della coda. E’ difficile da apprezzare nei Naselli, a meno che si tratti di soggetti di grossa mole, pescati con i palamiti, tolti in breve tempo dal mare ed immediatamente refrigerati e coperti con ghiaccio, ed è, ovviamente, molto difficile da rilevare, con i metodi sopra descritti, in soggetti di grosse dimensioni, quali un Tonno di qualche quintale.

L’odore

Odorare le branchie o la pelle è tradizionalmente e comunemente pratica conosciuta come fondamentale per l’accertamento della freschezza.

L’odore viene considerato il “carattere fondamentale”, in quanto indispensabile per esprimere un giudizio attendibile sullo stato di freschezza e di conservazione del pesce presentando, in linea generale, un andamento coerente nel tempo. Di fatto è il carattere che deve essere considerato come il più importante per la valutazione della freschezza e per questo deve valutato prima di tutti. Gli altri caratteri (l’aspetto generale, gli occhi, le branchie, la consistenza) sono invece caratteri ausiliari cioè forniscono indicazioni che possono in qualche confermare le indicazioni ottenute dalla valutazione dell’odore o in qualche modo aiutare ad esprimere un giudizio in caso di dubbi.

Il pesce freschissimo è caratterizzato da un odore gradevolissimo di salso o di alga marina ed il pesce fresco da un odore di salso o ancora gradito di fresco. A seconda della specie ittica in esame e a seconda dei diversi batteri coinvolti nei processi di degradazione, si manifestano diversi odori sgradevoli che, se presenti in forma lieve, caratterizzano il pesce stantio e, se più marcati, quello alterato.

E’ da tenere ben presente che la valutazione dell’odore è tutt’altro operazione semplice richiedendo una certa pratica ed essendo influenzata da fattori soggettivi e non solo. Infatti se l’aspettativa, come detto, è quella di apprezzare nel pesce fresco un odore gradevole “di mare” o “di salino”, a volte le cose non sono così semplici. Ad esempio nei pesci morti in acqua e. talvolta, anche in quelli pescati a strascico o con i palamiti (se questi rimangono a temperatura di 23-24°C per un tempo superiore a 30-40 minuti), l’odore tende ad attenuarsi di molto per effetto del dilavamento dell’acqua.

Inoltre in un Cefalo appena pescato in acqua con bassa salinità, l’odore potrebbe sfumare verso sentori assimilabili a quelli dell’“erba bagnata”, di “fungo” o “di terra”, e nel caso di un Salmone il normale odore apprezzabile in un prodotto fresco sarà quello di “anguria” o di “cetriolo”.

L’aspetto generale

L’aspetto generale
L’aspetto generale

Se ci troviamo in buone condizioni di illuminazione, la lucentezza ed i colori vivi e brillanti, ci permettono di distinguere con facilità un pesce freschissimo o fresco, anche facendo una valutazione visiva ad una certa distanza dal prodotto. Al contrario la presenza di una uniformità di colori, il rilievo di decolorazioni, la presenza di grigio, di opaco e di smorto, daranno indicazioni diverse e comporteranno una valutazione più approfondita ed eventualmente più severa della situazione.

Nel pesce fresco la pelle è tesa, brillante, con colori vivaci con squame aderenti al corpo. La presenza di flaccidità, opacità e di colorazioni smorte è invece indice di un prodotto stantio o alterato.

Gli occhi

Occhio di un pesce freschissimo
Occhio di un pesce freschissimo

Quando il pesce è pescato da poco tempo abbiamo l’impressione che ci stia guardando. L’occhio infatti deve essere vivo, limpido e sporgente (convesso), con la pupilla nera e la cornea trasparente senza segni di disidratazione, di opacamento o di essiccamento. Appare opportuno ricordare che il pesce appena pescato, se non opportunamente ghiacciato, oppure se esposto al sole e soprattutto al vento, tende a disidratarsi. Nei luoghi molto ventosi ed a temperature relativamente miti, è facile che il pesce manifesti modificazioni della lucentezza generale, dell’aspetto del muco, ma soprattutto della convessità degli occhi che, per primi, tenderanno a presentare segni di disidratazione, pur restando perfette le altre caratteristiche organolettiche. Nel pesce stantio ed ancor più nell’alterato, l’occhio apparirà smorto, appiattito o addirittura infossato nell’orbita con la cornea opaca e la pupilla grigia. Nel pesce che è stato congelato poi la pupilla non è più scura, ma diventa un punto bianco come il latte.

La consistenza

La “fovea” lasciata dalla pressione di un dito sulla carne
La “fovea” lasciata dalla pressione di un dito sulla carne

La consistenza dei muscoli, deve essere soda ed elastica. Se si preme con un dito a metà del corpo, non deve rimanere l’impronta (fovea). Questo criterio però non è applicabile a qualsiasi specie di pesci, infatti ogni specie ha una sua consistenza specifica. Non è possibile mettere sullo stesso piano la consistenza di un Nasello, di un Merlano o di un Cappellano, con quella di una Leccia, di una Ricciola o di un Sugarello. Pertanto la consistenza molle in un Nasello non necessariamente indica uno stadio di alterato, ma una consistenza molle in una Ricciola o in un Branzino diventa un carattere fondamentale per una corretta classificazione di freschezza. Dunque, se in una Spigola i muscoli assiali o dorsali appaiono molli e flaccidi, se si ha sensazione di mollezza generale e se alla semplice pressione esercitata con un dito sulla superficie, rimane un’impronta (fovea), non c’è dubbio che, per questa specie, che naturalmente ha carni compatte e sode, la consistenza costituisca un carattere fondamentale.

Le branchie

Branchie di un pesce freschissimo

Nelle branchie di norma la colorazione passa attraverso diverse tonalità di rosso. Così dal bordeaux del pesce freschissimo, il colore si attenua nel porpora del prodotto fresco, per diventare mattone e carnicino rispettivamente in quello stantio ed in quello alterato. Inoltre nel prodotto freschissimo o fresco le branchie sono ricoperte da uno strato leggero di muco trasparente. Anche in questo caso occorre fare delle precisazioni ed in particolare tenere in giusta considerazione il colore originario delle branchie. Il Tonno ad esempio ha una colorazione molto intensa delle branchie, così come lo Sgombro, questo a differenza dei Ghiozzi, delle Acquadelle e dei Cefali che presentano, già nel pesce freschissimo, una colorazione molto meno accentuata                                                                                                                           

Scheda a cura di Gualtiero Fazio.